Bolkestein, i balneari abruzzesi: «Nessuno investe più sulle spiagge»

Bolkestein, i balneari abruzzesi: «Nessuno investe più sulle spiagge»
di Alessia Centi Pizzutilli
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Martedì 7 Maggio 2024, 08:49

Con l’estate ormai alle porte crescono le preoccupazioni degli operatori del settore balneare per l’applicazione della direttiva europea “Bolkestein”. In oltre un decennio e dopo centinaia di sentenze, non si è ancora riusciti a dare risposte alle tante incognite. Che la direttiva rappresentasse una spada di Damocle per i balneari era già noto, ma le ultime sentenze del Consiglio di Stato hanno riacceso la discussione. In nome della libera circolazione dei servizi, tra i punti della direttiva c’è infatti l'obbligo di rimessa a bando per alcune concessioni pubbliche. Il rischio però, secondo gli operatori balneari, è che «il piccolo imprenditore soccomba ai grandi, poiché non si è in grado di competere con chi ha milioni di euro». In quest’ottica gli attuali concessionari si potrebbero definire come dei «contadini del mare» che rischiano di perdere “la propria terra”, con il «pericolo concreto» che le spiagge abruzzesi si trasformino in «nuovi latifondi». In questo «Far West moderno» non sembra esserci spazio per il dialogo e le soluzioni, tanto che gli operatori parlano di un «settore fermo, per colpa di leggi che non ci sono o, se esistono, non sono chiare».

CONSIGLIO DI STATO

Nei giorni scorsi la settima sezione del Consiglio di Stato ha dichiarato illegittima la proroga delle concessioni balneari al 31 dicembre 2024. Di conseguenza le gare vanno effettuate subito. Nello stesso giorno, la medesima sezione rimanda sul tema degli indennizzi ai concessionari uscenti: bisogna attendere dunque la decisione della Corte di giustizia europea prima di un ulteriore pronunciamento. Gli operatori balneari abruzzesi sono concordi nell’affermare che queste sentenze, come altre, cercano di «colmare il vuoto normativo lasciato dai governi».

A chiedere di fare chiarezza Riccardo Padovano, presidente del Sib-Confcommercio Abruzzo: «C’è tanta confusione. Si parla di massima trasparenza e imparzialità, ma scrivendo queste norme non ci potrebbe essere invece proprio parzialità? - spiega - Vogliamo partire dalla riforma dei canoni demaniali, ma rispetto a tutte le concessioni che lo Stato rilascia, non solo balneari.

Al governo voglio dire che se davvero c’è una volontà di difenderci è necessario bloccare tutto questo caos. Resta in piedi il dibattito: mettiamoci d’accordo, non si può continuare ad affermare tutto e poi il contrario di tutto. Fare un project con una commistione tra pubblico e privato potrebbe essere una delle strade percorribili? Valutiamo tutto, discutiamone, ma arriviamo a una soluzione perché sono 14 anni che andiamo avanti così, adesso basta».

IL QUADRO

Il quadro è piuttosto complesso, ne è convinto Giuseppe Susi, presidente regionale di Fiba-Confesercenti. La sentenza del Consiglio di Stato del 2021 che aveva bocciato la proroga delle concessioni balneari è stata cancellata dalla Corte di Cassazione a seguito del ricorso presentato dalla Regione Abruzzo e dal Sib. Prima della Cassazione tuttavia «è intervenuta una legge, che ha recepito la sentenza, con tanto di mandato al governo di fare una legge di riordino», sottolinea Susi. Il governo tuttavia - secondo il presidente Fiba - «è stato inerte» e «dal 2022 ad oggi nulla è stato fatto». «Si arriva alla scadenza stabilita dalla legge, ma non ci sono le norme per gestire queste gare e l’Agcom, autorità per la concorrenza chiede ai Comuni di applicare la legge, ma le amministrazioni dovrebbero di fatto “inventare” le norme per le gare. Inevitabilmente ci saranno ricorsi e i Comuni potrebbero essere condannati a pagare. Siamo di fronte a una situazione da vero Far West, ma in Italia c’è stata la prima gara per le concessioni secondo la direttiva. È il caso Jesolo, dove è accaduto ciò che si temeva: i piccoli concessionari hanno perso la concessione in favore di una grande multinazionale. Insomma, il più forte vince».

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