Un Recovery Plan permanente? «Prima di pensare a un nuovo piano di spesa occupiamoci di usare bene i fondi dell'attuale. E' prematuro ma non lo escludo. Le prime tranche arriveranno in estate». L'olandese Sophie in' t Veld è una veterana delle aule del Parlamento europeo: al quarto mandato consecutivo, è fra le più attive deputate del gruppo liberal-democratico Renew Europe (il terzo dell'Aula, dove siedono anche macroniani e Italia Viva). All'Eurocamera è capo-delegazione di D66, formazione progressista che alle politiche di marzo nei Paesi Bassi ha aumentato i consensi e adesso lavora a un nuovo governo di coalizione insieme al partito del premier Mark Rutte, capofila del fronte dei frugali europei. Sulla riforma del Patto di stabilità apre, ma mette le mani avanti: occorre «non abbandonare la disciplina dei conti pubblici».
Ue, stop al Patto fino al 2022 ma allarme debito: «L’Italia riduca la spesa»
In un'intervista con Il Messaggero, il presidente del Parlamento europeo David Sassoli ha detto che serve un Fondo per la ripresa permanente. È d'accordo?
«È prematuro parlare adesso di un secondo Recovery.
Ue all'Italia: usi Recovery per interventi aggiuntivi e mantenga politica prudente
Due giorni fa la Commissione ha annunciato l'emissione delle prime obbligazioni per finanziare il Recovery. I bond comuni potranno diventare un elemento portante della politica fiscale Ue?
«Sì, credo che gli Eurobond possano diventare una caratteristica strutturale, ma proviamo a imparare a camminare prima di pensare a correre. Abbiamo di fronte a noi una strada molto lunga prima di potere uscire dalla crisi: adesso concentriamoci su ciò che occorre fare nel futuro immediato».
Nelle prossime settimane l'Ue darà l'ok ai primi Pnrr. Vede rischi all'orizzonte?
«Certo, penso che ci sia il rischio concreto che alcuni Stati membri cerchino di usare i fondi per ripagare vecchi problemi, anziché investire in nuove opportunità. Ma questo è il motivo per cui abbiamo stabilito criteri chiari e tutti i Piani nazionali saranno esaminati da vicino».
Il Patto di stabilità si applicherà di nuovo dal 2023. Nel frattempo, però, in molti, tra cui il premier italiano Draghi, dicono che non si può tornare alle regole pre-pandemia. Come convincere l'asse del nord?
«Riformare il Patto di stabilità è visto da molti come un messaggio in codice per dire lasciar perdere la disciplina di bilancio. In un momento in cui abbiamo accumulato debiti e deficit massicci per far fronte alle conseguenze della pandemia, e quando inflazione e tassi d'interesse stanno salendo, sarebbe però molto poco saggio abbandonare la disciplina di bilancio e le riforme strutturali. Non sono contraria di per sé alla revisione del Patto; possiamo renderlo più agile, mirato e flessibile, trasformandolo di nuovo in un progetto condiviso. Ma la prudenza fiscale dovrà farne parte. Lo dobbiamo alle generazioni future. Un'ultima osservazione. Spero che riusciremo a liberarci una volta per tutte delle vecchie caricature su Nord e Sud Europa. Siamo una sola Europa e se restiamo uniti possiamo costruire un futuro luminoso per i nostri figli e nipoti. Ci sono infinitamente più cose che ci uniscono di quelle che ci dividono».
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