Giuseppe Vegas
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Scambi in Rete/Il futuro delle banche e il ritorno del baratto

di Giuseppe Vegas
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Domenica 30 Luglio 2023, 00:38 - Ultimo aggiornamento: 07:13

Una volta erano le cattedrali nella piazza principale delle città a ricordare a tutti che esiste una fine ed un principio. Poi vennero le banche, con i loro solidi e grigi edifici di pietra, ad ostentare la potenza del denaro e ad incutere timore ai debitori. Oggi c’è il potere fluido ed inarrestabile della rete, che ha reso tutti dipendenti, ma ha contemporaneamente fatto credere a ciascuno di essere libero e di poter realizzare i propri sogni. 
La secolarizzazione si è trasformata nell’immateriale e il senso di appartenenza ad una comunità è venuto meno. E, con esso, l’ordine di una vita basata su regole certe ed immutabili.


Ovvia conseguenza è che le banche, che hanno storicamente rappresentato il punto di snodo tra le aspirazioni di ciascuno e la possibilità di realizzarle, si sono trovate a dover navigare in acque sconosciute. Se, come ci ricorda un vecchio detto, il credito è indispensabile, ma le banche no, ben si può comprendere perché il settore, che attraversa fasi alterne di rischi crescenti e di rendimenti in salita, per sopravvivere dovrà essere oggetto di un profondo ripensamento. 


La realtà è che, nel nuovo mondo, le banche tradizionali si muovono come il classico elefante nella cristalleria. O meglio, per paura di rompere i cristalli, tendono a non muoversi proprio. Spieghiamoci meglio. Il sistema bancario si presenta oggi fiaccato da un quindicennale tiro al bersaglio, dopo la grande crisi del 2007/2008.

Il fallimento di Lehman Brothers e la conseguente messa a nudo delle innumerevoli operazioni compiute in totale disprezzo delle ragioni di chi aveva affidato loro i propri risparmi provocarono una vera e propria sollevazione popolare, che finì inevitabilmente per travolgere anche le banche solide e virtuose. L’inevitabile conseguente corsa ai ripari da parte delle autorità di regolamentazione del sistema bancario e i loro controlli assai più severi hanno conferito, soprattutto in Europa, nuova sicurezza al sistema e tranquillità agli investitori. A prezzo però di rendere assai più costosa l’operatività degli istituti di credito.

Non foss’altro perché hanno dovuto aumentare le riserve di capitale, liberarsi dei crediti problematici e valutare più severamente la solvibilità dei debitori. Non solo. I più recenti orientamenti dei legislatori europei e delle banche centrali hanno fatto carico al sistema del perseguimento di obiettivi che non gli sono propri, come quello della sostenibilità ambientale. Insomma i bilanci delle banche vengono oggi appesantiti da costi che esulano da quelli ordinari del comparto. Ciliegina sulla torta è stata la decisione della Bce della scorsa settimana di azzerare la remunerazione delle riserve obbligatorie.

Oggi dunque l’erogazione di fidi e mutui si fa più lenta, costosa e farraginosa e gli algoritmi hanno preso il posto dei comprensivi direttori di filiale d’antan.

Il fatto poi che si cerchi di fare fronte alle spese crescenti con i risparmi che provengono dalla chiusura di filiali o dall’allontanamento nel tempo dell’adeguamento alla nuova realtà dei tassi attivi a favore della clientela, non può certo migliorare i loro rapporti con la clientela stessa. Le banche, poi, si trovano ad operare in un sistema nel quale i conti correnti si aprono e si gestiscono on-line, per gli investimenti ci sono i Fondi, che agiscono molto più liberamente e non hanno l’obbligo di mantenere costose riserve. Se il denaro serve poi per beni di consumo, il sistema bancario “ombra”, spesso di proprietà dei produttori di beni e servizi, è pronto a finanziare qualsiasi acquisto. Quando si vuole sottoscrivere capitale di rischio, basta acquistare dei mini-bond o entrare in un gruppo di crowdfunding per sentirsi già imprenditori. Insomma si è aperto un mondo che offre possibilità infinite e soprattutto la partecipazione al quale crea l’illusione di non costare nulla. Ovviamente, non è tutto oro quello che luccica.

Ma è la prima impressione quella che conta. E le novità appaiono sempre più stimolanti e convenienti. Naturalmente, le banche non sono rimaste con le mani in mano. Oggi hanno fatto molto per recuperare il tempo perduto ed essere agili e competitive. Hanno creato aziende controllate tecnologicamente all’avanguardia e sono nate banche nuove integralmente informatizzate. Con la digitalizzazione è stato rivoluzionato il sistema dei pagamenti e molti istituti si sono trasformati in banche di investimento ed hanno ampliato la rete delle opportunità di investimento a disposizione dei loro clienti. Basterà? È ipotizzabile un futuro senza banche, almeno come noi tradizionalmente le intendiamo? Quali sono le novità che trasformeranno prossimamente il mercato?

Probabilmente la maggiore novità non sarà tanto il metaverso, che consentirebbe di realizzare transazioni, anche di denaro, attraverso il ricorso ad un mondo virtuale, come dimostra il fatto che la sua entrata in funzione sta rallentando. Quanto piuttosto la diffusione dei token e la loro trasmissione via blockchain. Il sistema certificato di transazione garantirà gli acquirenti e l’insieme di transazioni digitali contenute nel “gettone” informatico consentirà di trasferire qualsiasi tipo di bene, dalla porzione di un’opera d’arte a una quota di una società. La possibilità di scambio tra loro potrebbe anche consentire di fare a meno della moneta. In definitiva, ci si potrebbe facilmente avviare verso un ritorno al baratto, affiancato dalla semplice presenza di consulenti, umani o robotizzati, per indirizzare gli investimenti. I Tesori degli Stati resteranno a guardare?

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