Ana Roš, la chef donna numero uno al mondo: «Ecco perché ho detto no a Masterchef Italia»

Ana Roš, la chef donna numero uno al mondo: «Ecco perché ho detto no a Masterchef Italia»
di Sabrina Quartieri
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Mercoledì 27 Settembre 2017, 17:23 - Ultimo aggiornamento: 28 Settembre, 09:38

Ha rinunciato alla carriera diplomatica per indossare il grembiule e dedicarsi, da assoluta autodidatta, alla cucina. Oggi, a distanza di 15 anni, la slovena Ana Roš ripensa a quella scelta, si guarda indietro e tira un sospiro di sollievo. Perché se all’epoca non avesse avuto il coraggio di ricominciare e di provare a realizzare il suo sogno, oggi, a 44 anni, non sarebbe la numero uno secondo i “50 Best Restaurants”.
 

 

A convincere i più celebri critici e esperti di gourmet che fosse proprio lei la “Migliore chef donna del mondo 2017”, sono stati la passione, la continua ricerca, lo spirito di sacrificio e l’intuizione di una cuoca di confine ostinata a scalare la classifica del mondo della cucina, dominata da sempre da figure maschili.

Un traguardo raggiunto dalla Roš con pazienza e dedizione, guidando negli anni il suo “Hiša Franko”, un grazioso ristorante di campagna appena fuori Kobarid (in italiano Caporetto, quella della “Disfatta”). Ma il titolo di “World Best Female Chef 2017” per la donna più famosa della Slovenia dopo Melania Trump, è solo il suggello di un successo planetario già raggiunto: la fama mondiale per la Roš era arrivata già lo scorso anno con Netflix, grazie alla serie televisiva “Chef’s table” che aveva raccontato la sua storia.

Cos’è cambiato nella sua vita di tutti i giorni da quando è andata in onda la puntata su di lei?
«Da allora capita spesso che venga abbracciata dalle signore del mio villaggio, quando mi incontrano per strada. Donne che sempre più di frequente mi fanno promettere che non mi trasferirò all’estero. L’unica opzione che tengo aperta è la possibilità di aprire primo o poi un ristorante al mare. Magari in qualche angolo dell’Istria. Ma non lascerò mai la mia casa. Tanto meno la mia valle, dove amo praticare yoga, fare hiking e andare a correre, per raccogliere le energie necessarie ad affrontare le lunghe giornate di lavoro che mi aspettano».

Il suo ristorante è pieno fino a settembre e i clienti arriveranno da lei carichi di aspettative, complice “Chef’s table” che ha fatto conoscere la sua storia. La sensazione è che lei debba lavorare sodo, molto più di altri. È per questo che ha detto no a “MasterChef Italia”?
«Le persone che scelgono “Hiša Franko” sono particolarmente curiose, impressionate e emozionate da quanto hanno visto nella serie televisiva. La cucina che trovano qui è difficile e io mi sento veramente felice solo quando i miei ospiti riescono davvero a capire quello che voglio raccontare attraverso i piatti. Ma raggiungere questo obiettivo richiede fatica, dedizione, costanza. In passato ho rifiutato di partecipare a un’intera edizione di “MasterChef Italia”, nonostante mi fossero state offerte condizioni più che vantaggiose e tutte a mio favore. La verità è che non ho tempo per la televisione. Potrei immaginare solo di ospitare gli sfidanti della trasmissione nella mia cucina per una puntata. Questo sì, e chissà che non capiterà».

Per i suoi collaboratori più fidati lei ha un carattere forte e riesce a fare tutto quello che si mette in testa, persino in un ambiente tradizionalmente maschilista come la cucina. Lei si sente così?
«Per il mio mestiere ho rinunciato alla carriera diplomatica. Una scelta che ho dovuto portare avanti con molta determinazione, soprattutto perché i miei genitori non l’hanno vissuta bene. Mia madre ancora oggi quando vengo definita cuoca non può fare a meno di intervenire e dire che sono una chef, una grande chef. Anzi, la migliore. Poi c’è mia figlia. Per fortuna in lei trovo un’alleata. Si chiama Eva Klara e vive il mio mondo con grande fascino, raccontando a tutti di voler seguire le mie orme. Io invece non smetto di ripeterle di prendersi tempo e vivere i suoi di sogni».

Ai suoi tavoli si alternano neozelandesi, canadesi, americani e australiani, turisti curiosi di conoscere la “mano” di chi ha sdoganato la cucina slovena nel mondo. Come va con la clientela italiana? 
«Nonostante la vicinanza geografica, è una presenza sicuramente meno assidua. D’altronde, gli italiani hanno dei gusti talmente delineati, che difficilmente riescono a adattarsi ai sapori diversi dai loro. Ma come biasimarli? Prendiamo gli spaghetti allo scoglio. Se sono fatti bene, niente riesce a batterli. Io stessa ad esempio amo profondamente la cucina romana, così geniale e gustosa. Adoro le puntarelle, i carciofi e tutte le interiora. Quando capito in città, divido il mio tempo libero tra incredibili mangiate in trattoria e lunghe passeggiate in centro. Roma è una capitale che lascia il segno più di altre, io ci sono già stata almeno 20 volte».

Di tutti gli ospiti che riceve, quali sono i più graditi?
«I miei connazionali, vicini e lontani. Persone che con molta probabilità hanno impiegato tanto tempo per mettere da parte i risparmi necessari per venire al mio ristorante».

Il padre dei suoi figli fino a un certo punto è stato il sommelier di punta dell’“Hiša Franko”. Poi si è spostato nel piccolo “gastro-pub” che avete in paese. Perché? 
«Per me era importante che Valter, il mio compagno, potesse occuparsi di un progetto tutto suo. Un mio desiderio, che con il tempo abbiamo realizzato assieme, aprendo la trattoria “Hiša Polonka”. Un posticino intimo nel centro di Kobarid, ospitato in un edificio del XVI secolo. Un locale raccolto dove la gente del posto si riunisce per bere della buona birra artigianale e mangiare i piatti della tradizione, riproposti così come vengono cucinati ancora oggi nelle vecchie case di montagna. Ai fornelli c’è una signora che prepara polenta, agnello, gulasch e frika, il famoso piatto sloveno a base di speck, patate e formaggio».

Un menu ben diverso da quello che si può provare da lei. Ana Roš cosa propone ai suoi ospiti?
«Vede, qui presentiamo diverse portate che variano a seconda della stagione dell’anno. Un mio coniglio servito con peperoncino, cioccolato e fiore di ibisco, può apparire un piatto noioso in un primo momento. Poi, non appena lo si assaggia, si manifesta in un’inaspettata esplosione di gusto. Da me si interpretano i prodotti del territorio, coniugando i sapori mare e monti attraverso una continua ricerca. Nel ristorante in paese si propone l’assoluta autenticità della tradizione».

Le capita mai di vivere il titolo di “Migliore chef donna del mondo” come un ostacolo?
«La soddisfazione c’è, ma avverto il peso del primo posto in classifica, per la mole di lavoro che ne consegue. Mentre cerco di portare avanti i tanti impegni professionali, faccio di tutto per non trascurare i miei figli Svit e Eva Klara, di 14 e 12 anni. Invento di continuo occasioni di condivisione, soprattutto qui al ristorante, dove trascorrono con me la maggior parte delle ore. In questo periodo dell’anno, ad esempio, ho coinvolto i miei piccoli nella gestione delle colazioni per gli ospiti che si fermano a dormire nelle poche stanze che abbiamo. Devo dire che sono bravissimi a ricevere i clienti e a fare gli onori di casa, nonostante la giovane età».

In questi mesi dell’anno le scuole sono chiuse, ma lei non si può muovere perché ha il ristorante pieno. Riesce ogni tanto a portare i suoi figli in vacanza? 
«Sì, grazie alla solidarietà dei miei concittadini.
In questo caso, della loro maestra. Se lei infatti non ci permettesse di viaggiare durante il periodo scolastico, non riusciremmo mai a trascorrere le ferie in famiglia. Da parte mia, quando sono fuori con Svit e Eva Klara, mi impegno a dedicare al loro apprendimento almeno tre ore al giorno. Queste cortesie sono piccole carezze che noi del villaggio ci facciamo l’un l’altro. In questo modo tutto diventa più sostenibile».

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