Un pontino tra gli agenti arrestati per le torture in carcere

Un pontino tra gli agenti arrestati per le torture in carcere
di Marco Cusumano
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Martedì 23 Aprile 2024, 22:30

L’INCHIESTA

Sono nove i capi d’imputazione contestati a Erasmo Matteo Gusman per le torture all’interno del carcere minorile “Beccaria” di Milano. Gusman, 29enne originario di Formia, è uno dei 13 agenti di polizia penitenziaria finiti in carcere e, stando alla ricostruzione della Procura, è coinvolto in diversi episodi di violenza. Ad accogliere le richieste di misura cautelare è stata la gip Stefania Donadeo che ha condiviso la ricostruzione degli inquirenti e degli investigatori della Squadra Mobile e della stessa Polizia penitenziaria. I reati, contestati a vario titolo agli indagati, sono gravissimi: tortura, maltrattamenti, lesioni, falso ideologico e, in un episodio, tentata violenza sessuale. Reati che sono aggravati da minorata difesa, abuso di potere, minore età delle vittime e futili motivi.

Gli agenti, secondo l’accusa, agivano usando delle accortezze per evitare di essere scoperti. Le violenze avvenivano quasi sempre nella stessa stanza, un ufficio privo di telecamere, e le modalità erano ricorrenti: i detenuti che dovevano essere picchiati venivano immobilizzati a faccia in giù in modo che non potessero vedere chi li stava colpendo. In alcuni casi venivano bloccati con le manette e poi colpiti ripetutamente con calci e pugni, una violenza inaudita.

L’indagine è nata dalle segnalazioni del consigliere comunale David Gentili e del Garante dei diritti dei detenuti di Palazzo Marino, Francesco Maisto, e si inserisce in una precedente inchiesta su altre aggressioni. Il procuratore Marcello Viola l’ha definita «una vicenda dolorosa, una brutta pagina per le istituzioni. E’ interesse dello Stato far luce su questi fatti, che creano desolazione e sconforto, anche in un ambiente penitenziario», dove i suicidi sono molti e che è martoriato dal «sovraffollamento».

Ma è evidente che non esistono scusanti né attenuanti rispetto al quadro che viene dipinto dagli investigatori.

Le carte dell’indagine parlano di pestaggi sistematici, gli stessi detenuti vittime delle violenze riferiscono che «è normale essere picchiati al Beccaria». Il giudice sottolinea che «proprio la pratica reiterata e sistematica, ai danni di diversi minorenni, delle violenze inflitte ha determinato un clima generale di paura, umiliazione, vessazione e anche di indifferenza nei confronti dei bisogni primari dei detenuti minorenni».

Dopo alcune aggressioni gli agenti, sempre stando alla ricostruzione dell’accusa, si mostravano «preoccupati di aver esagerato» lasciando lividi e «segni dell’anfibio sul collo». Testimonianze raccolte, attraverso colloqui con alcuni ragazzi che erano detenuti, da una psicologa in servizio nel carcere minorile Beccaria. E’ stata la professionista a parlarne con il consigliere comunale David Gentili, che ha trasmesso le informazioni al Garante dei detenuti del Comune di Milano, Francesco Maisto, che a sua volta le ha inviate in Procura. Il 30 marzo 2023 la psicologa, davanti agli investigatori, ha rivelato quelle confidenze ricostruendo, in particolare, tre aggressioni. Un giovane, in particolare, le aveva riferito «che era scoppiato un incendio» e che «tale incendio era stato attribuito» ad un ragazzo (una delle 12 vittime delle presunte violenze). Quest’ultimo «venne portato in un ufficio del capoposto (...) mi raccontò di aver sentito rumori di pestaggio e urla». Poi, la descrizione dei «segni dell’anfibio sul collo». E ancora: «Mi ha parlato di rumori di colpi e che erano arrivati in venti agenti (...) mi ha anche raccontato che quel ragazzo sarebbe stato ammanettato». Il formiano Gusman è accusato di aver partecipato a diversi episodi, uno dei quali insieme ad altri 6 colleghi: un ragazzo fu colpito ripetutamente e poi gli agenti gli sputarono addosso.

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