Netanyahu rischia davvero l'arresto? Il professore De Sena: «Teme di finire come Putin e la guerra può diventare più intensa»

Il docente di diritto internazionale: «Il premier israeliano non potrà più spostarsi in tutti i Paesi, come Putin»

Netanyahu, il professore De Sena: «Può essere arrestato per aver affamato Gaza»
di Marco Ventura
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Lunedì 29 Aprile 2024, 00:05

Quali sono i crimini che la Corte penale internazionale (CPI) potrebbe voler contestare a Netanyahu?

«Sicuramente crimini di guerra gravi tra i quali in particolare, stando a indiscrezioni che arrivano dall’Aja, la starvation, la fame, ovvero il blocco intenzionale di carburante, cibo e elettricità per i cittadini di Gaza», dice il professor Pasquale De Sena, ordinario di Diritto internazionale all’Università di Palermo e presidente della Società italiana di Diritto internazionale. «Questa sembrerebbe essere l’accusa principale. Poi non va dimenticato che Israele, come Stato, è anche sotto processo davanti alla Corte internazionale di giustizia (CIG), sempre all’Aja, per genocidio».

I due procedimenti sono collegati?

«Direi di no, una cosa è il processo nei confronti dello Stato e un’altra nei confronti dei singoli.

Potrebbe realizzarsi un collegamento se per esempio tra i capi d’imputazione per Netanyahu ci fosse pure quello di genocidio, ma questo non è dato di saperlo. Si tratta di processi molto lunghi, che richiedono diversi anni, specialmente se l’imputazione sarà quella di genocidio».

Ma secondo lei ci sono evidenze di crimini commessi nell’intervento israeliano?

«Non c’è dubbio che siano stati commessi e che, quindi, dovranno pur avere qualche responsabile. Il che non significa che Netanyahu sia l’unico imputabile di tutti i crimini commessi; bisognerà ricostruire per ognuno quale sia stata la catena di comando».

Come partono e come si svolgono le indagini?

«La Palestina, la cui statualità è del tutto dubbia, è però già oggi parte dello Statuto della CPI. Ne consegue che i crimini commessi nei territori occupati nel 1967 da Israele, dunque facilmente individuabili, rientrano nella sua competenza, e sono perseguibili. Ovviamente, lo sono i crimini di chiunque, a partire dai militanti di Hamas».

Una situazione singolare…

«Sì. La regolarità dell’adesione della Palestina allo statuto della CPI è stata dichiarata dalla Corte nel 2021 con una decisione molto discussa, che secondo la CPI stessa non pregiudica, peraltro, la questione della statualità tout court della Palestina. La decisione si rese necessaria proprio per non lasciare impuniti i crimini lì commessi nel corso del tempo».

La CPI ha cominciato autonomamente a indagare?

«L’ufficio del procuratore si era già attivato anche dopo il 7 ottobre, almeno per i crimini di guerra. Israele è nella posizione di Russia, Cina, Usa e India, che non fanno parte dello Statuto. I suoi organi politico-militari e i suoi soldati sono perseguibili nella misura in cui le loro azioni si traducono in crimini nel territorio palestinese, indipendentemente dal fatto che Israele non aderisca allo Statuto della CPI».

Israele nega di aver bloccato gli aiuti, sostiene di aver assistito i civili.

«È indiscutibile che vi sia stato il blocco dell’accesso di cibo, carburante ed elettricità, subito dopo il 7 ottobre e, dunque, un presumibile crimine di starvation, ai danni della popolazione civile (art.8 dello Statuto). Ma è anche presumibile che moltissimi altri crimini siano stati compiuti, per esempio in violazione del principio di proporzionalità e del divieto di colpire obbiettivi civili. E la CIG ha ritenuto plausibile la contestazione di genocidio».

Che cosa rischia Netanyahu?

«Netanyahu è molto preoccupato da un possibile mandato di cattura. Rischierebbe quello che rischia Putin, cioè di essere arrestato nei Paesi che sono parti dello Statuto, chessò in Francia. Come Putin, che per questo non ha preso parte a un vertice internazionale in Sudafrica. Aumenterebbe inoltre esponenzialmente l’isolamento di cui già soffre Israele».

Il ministro degli Esteri, Israel Katz, teme un’ondata di antisemitismo per l’iniziativa della Corte…

«Di certo si accrescerebbe la diffusa ostilità internazionale verso il governo israeliano».

Gli americani e Biden possono incidere sulle decisioni della Corte a favore di Netanyahu?

«Mi auguro di no. Minerebbero pesantemente la già malcerta credibilità della CPI. Certo, l’uso della giustizia penale internazionale a conflitto in corso rischia di non favorire la pace. Netanyahu gode ancora di diffuso consenso in Israele, e appellandosi all’ingiustizia del mandato d’arresto, potrebbe anche intensificare la guerra. Mi auguro di sbagliare e mi auguro che gli Usa premano, non sulla Corte di cui non sono parti, ma su Netanyahu perché non attacchi Rafah».

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