Il caso pugliese/ L’Italia dei veti ci risparmi almeno i cattivi maestri

di Oscar Giannino
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Mercoledì 29 Marzo 2017, 00:26
La creazione e manipolazione politica dei movimenti avversi alle opere pubbliche in Italia ha raggiunto livelli sempre più paradossali. Ormai persino di fronte alle sentenze favorevoli alle opere, si fa finta di niente. E, così facendo, si altera e distrugge in maniera irreversibile l’idea stessa della legalità, cioè il fondamento di ogni libero consorzio civile. 
È quello che sta avvenendo in Puglia, ad opera dei politici che animano come “capataz” l’opposizione locale al gasdotto Tap. Il rapporto annuale sui costi del non fare letteralmente rimbalza su partiti e politica nazionale. L’ultima versione, quella 2016, stima in oltre 600 miliardi di qui al 2030 i costi dei ritardi e delle opere infrastrutturali bloccate. Di questi, 59 miliardi riguardano opere di trasporto stradale e portuale, 55 miliardi le reti e infrastrutture energetiche. Servono infatti energia pari a una produzione di 33.900 megawatt per 43,7 miliardi, e reti di trasmissione per 12 miliardi. 

Ecco perché è strategico per l’Italia il gasdotto che arriva dal Mar Caspio, il Tap che attraverso Azerbaijan, Georgia, Turchia, Grecia e mare Adriatico approda in Italia in località Santa Foca, comune di Melendugno, provincia di Lecce. Ha una portata di 10 miliardi di metri cubi di gas, estensibile a 20 miliardi. Il suo studio di fattibilità data al 2013 e l’avvio dei lavori a 4 anni fa. Inutile dire che siamo in ritardo rispetto all’arrivo del primo gas previsto al 2020.

La Regione Puglia si è opposta davanti al Tar proponendo per il gasdotto un diverso sbocco verso Brindisi, insieme al Comune di Melendugno. Ma il Tar ha respinto l’opposizione. I ricorrenti hanno adito il Consiglio di Stato. E anche il supremo organo della giustizia amministrativa ha dato loro torto, chiarendo in maniera secca che non era vero non fossero state esaminate alternative, ripetendo che al termine dell’esame rispetto a ben 11 diverse soluzioni proposte, quella prescelta è la migliore secondo la corretta valutazione d’impatto ambientale seguita, come prevede la legge. Ed è stata respinta l’eccezione basata sul fatto che si dovesse applicare la direttiva Seveso sui possibili disastri, perché le variazioni di pressione e temperatura del gas, a meno di manipolazioni dolose, non giustificano affatto tale direttiva. E il Consiglio di Stato ha riconosciuto che nell’intero iter di esame dell’opera è stato rispettato e attuato il prescritto principio della piena e leale collaborazione tra Stato centrale e Autonomie, stante il testo costituzionale rimasto vigente dopo il referendum del 4 dicembre in materia di competenze delle Regioni. L’espianto di due centinaia di ulivi, per scavare la trincea di un metro di profondità nella quale posare il tubo fino all’allacciamento della rete di distribuzione nazionale, è stato nuovamente e debitamente autorizzato dal ministero dell’Ambiente. E gli ulivi non vengono distrutti, ma solo temporaneamente piantumati altrove. Per poi essere ripiantati dov’erano. Eppure, in questo Paese molti credono che le sentenze vadano osservate solo se danno loro ragione. Ergo il presidente della Puglia ha accusato a testa bassa il governo di essere incapace di ascolto. Il M5S si è unito alle accuse ma ha anche attaccato Emiliano, reo di condurre un’opposizione non abbastanza dura. Si è unito il sindaco di Napoli de Magistris, e persino il movimento “Noi con Salvini”. Di conseguenza, ecco ieri il sit in dei “No Tap” per impedire i lavori e l’espianto. Con le consuete scene già viste in val di Susa e le forze dell’ordine costrette a intervenire per il rispetto della legalità, e per consentire il passaggio dei mezzi necessari alla ripresa dei lavori. Diciamola tutta. Siamo un Paese che si è munito di tanti e tali gradi di controllo giurisdizionale, pienamente autonomo e indipendente, che proprio è impossibile a chiunque gridare che la giustizia sia al servizio di un indirizzo politico, infrastrutturale, energetico, deciso a tavolino da un governo. L’Italia è semmai il Paese dove con l’impugnativa amministrativa le opere si fermano per tempi pluridecennali, non si affrettano di certo. Ergo a chi restasse convinto dell’infondatezza del giudizio del Consiglio di Stato dopo quello del Tar, resta una sola strada, se lo ritiene: lavorare a ciò che serve per un’eventuale impugnativa davanti alla Corte Costituzionale. Mentre l’unica cosa inaccettabile è continuare a in comportamenti atti a impedire fattualmente ciò che due gradi di giudizio amministrativo hanno pienamente confermato. Ma ci sono anche almeno due osservazioni aggiuntive. Al sit in di ieri, inadempiente agli inviti allo sgombero legittimamente venuti dalle forze dell’ordine, si è letto che abbiano partecipato insegnanti e studenti. Possiamo chiedere a che titolo gli insegnanti avessero deciso e ottenuto i permessi necessari per accompagnare in orario di lezione i propri studenti a manifestare, sotto la loro responsabilità personale e dell’istituzione scolastica? In Italia per le gite scolastiche ci si interroga con fior di circolari sulle responsabilità che assumono insegnanti e dirigenti scolastici, e in quattro e quattr’otto invece professori e studenti vanno a manifestare contro il Consiglio di Stato?

Quanto poi al presidente della Puglia, Michele Emiliano è un magistrato, prima che un politico alla testa di una Regione. Da magistrato, dovrebbe inchinarsi al Tar e al Consiglio di Stato, non dare per primo un pessimo esempio ai politici che troppo spesso della legalità se ne infischiano. Se neanche vale l’assenso del duplice vaglio giurisdizionale a un’opera energetica sostenibile, che cosa diavolo bisogna immaginare che sia necessario in Italia, per evitare di bloccare tutto e restare seduti sui nostri talloni a contemplare il declino? Chi vuole il potere ai soviet locali, verdi rossi o gialli non fa differenza, faccia il favore di cambiare la Costituzione e tutte le leggi ambientali, prima di gridare al saccheggio del territorio, e a chissà quali cospirazioni globaliste. E cerchi anche di non dare un pessimo esempio a quegli studenti, i cui docenti al sit in ieri erano liberissimi di partecipare da cittadini prendendosi un giorno di ferie: ma se invece hanno partecipato decidendolo coi loro studenti meritano automaticamente l’amaro titolo di cattivi maestri. 

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