Un buco da circa 100 milioni di euro nelle casse del Campidoglio, che rischia di non venire risanato. Per l’evasione - mastodontica - della tassa di soggiorno da parte di un esercito di albergatori, andata avanti per anni, c’è un nuovo orientamento dei giudici contabili che preoccupa non poco il Comune. Dopo la depenalizzazione del reato introdotta dal governo Conte nel 2020, che ha cancellato la possibilità di indagare per peculato i responsabili delle strutture che “dimenticavano” di versare la tassa, è infatti entrata in scena la Corte dei conti. Ma adesso, di fronte alla richiesta di condanna dei magistrati, i giudici hanno iniziato a negare la giurisdizione contabile: il caso dovrebbe finire al vaglio del giudice tributario. Un labirinto normativo che, a distanza di 5 anni dalle denunce del Comune, iniziate nel 2018, rende sempre più probabile che tutto quanto finisca in prescrizione.
L’APPELLO
La Procura contabile non ci sta e ha già iniziato ad impugnare tutte le sentenze negative, motivando i ricorsi con orientamenti di segno opposto espressi dai giudici di altre regioni.
Nel chiedere le condanne degli albergatori, i pm contabili hanno sottolineato la violazione del Regolamento comunale istitutivo dell’imposta di soggiorno, che, «pur non indicando la qualifica di agente contabile del gestore della struttura, prevede specifici obblighi di comunicazione, di riscossione, e di versamento al Comune», si legge in una delle ultime sentenze in materia. Una circostanza che, secondo i magistrati, rende palese la giurisdizione della Corte dei conti: gli albergatori «hanno maneggio di pubblico denaro». Roma Capitale, invece, ha sottolineato «la figura di agente contabile del gestore di strutture alberghiere, sin dal momento dell’incasso del tributo». Nelle sentenze i giudici riconoscono che sul tema esistono «opposti orientamenti», ma hanno iniziato e considerare «non più configurabile» la giurisdizione del giudice contabile nei confronti del gestore della struttura recettiva. Questo perché la modifica legislativa «ha comportato il venir meno della possibilità di qualificarlo quale incaricato di pubblico servizio, o agente contabile, non potendosi più imputare a quest’ultimo alcuna condotta di omesso versamento di denaro, ma soltanto di inadempimento di un obbligo tributario». In sostanza, l’albergatore sarebbe debitore nei confronti dell’Ente e «non possessore di somme» pubbliche.
La Procura fa invece valere un altro orientamento, secondo il quale «la qualificazione della struttura alberghiera come responsabile d’imposta non determina il venir meno della giurisdizione contabile» e «la depenalizzazione della condotta illecita del gestore non comporta il venir meno della responsabilità amministrativa». Una lettura condivisa dal Campidoglio, assistito dall’avvocato Enrico Maggiore: «Siamo allineati alla Procura della Corte dei conti e stiamo seguendo i giudizi, speranzosi in un cambio di orientamento».