In viaggio ad Osaka con Aldo, Giovanni e l'atleta Nico Valsesia

Aldo, Giovanni e Nico alla partenza della maratona di Osaka
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Lunedì 1 Dicembre 2014, 17:32 - Ultimo aggiornamento: 13 Dicembre, 18:59
Vai avanti tu che mi viene da ridere. Li ho immaginati tutti e tre in coro ad esclamare così Aldo, Giovanni e Nico Valsesia, il biker e ultra-trailer che, per sport ed amicizia, lo scorso 26 ottobre ha soffiato il «podio» a Giacomo in occasione della maratona di Osaka (www.osaka-marathon.com). Ebbene sì, niente New York, Boston o Parigi, ma una megalopoli giapponese e i suoi 42 km da correre in mezzo a grattacieli ed eccentriche cosplay. Volontà di Mizuno Italia, il marchio giapponese sponsor della gara che, per festeggiare la sua nuova ed avveniristica sede inaugurata a due passi dell'arrivo della corsa, ha decisio di invitare dal Belpaese «due uomini e un atleta».



Se Aldo Baglio si è accontentato (molto volentieri, peraltro) di correre gli 8,8 km della «Challenge Run» e Giovanni Storti si è cimentato (con grande impegno, pare) nel percorso più competitivo, il vero Iron Man è sempre e soltanto lui: Nico Valsesia. Non tanto per il tempo realizzato in questa maratona - poco meno di 3 ore e mezza e per di più mal contate - ma piuttosto per i suoi già ben noti trascorsi da record. Per saperne di più basta dare un'occhiata al suo sito, www.nicovalsesia.com, o leggere l'avvincente biografia da poco edita da Mondadori, «La fatica non esiste», a firma di Andrea Schiavon.



Ma torniamo ad Osaka perché, se si considera l'impressionante numero di partecipanti alla quarta edizione della maratona - nel complesso oltre 32.000 pettorine - c'è da chiedersi dove vogliano arrivare i runner del Sol Levante. Atleti professionisti, corridori più o meno allenati, turisti curiosi e un simpatico manipolo di personaggi di ogni età travestiti nei modi più assurdi erano lì, tutti riuniti per celebrare un giorno speciale di sport e solidarietà. Scorrendo le foto dell'evento, però, tra l'Ape Maia, Topolino e l'Uomo Tigre, a qualcuno può sorgere un dubbio legittimo. Non è che, forse, qualche partecipante potrebbe aver equivocato sul nome della «Rainbow Marathon»scambiandola per il gay pride cittadino?



Beh, anche se fosse andrebbe avvisato che la matarona di Osaka è stata così soprannominata in omaggio alle diverse organizzazioni no profit coinvolte nel progetto. Troppo tardi? A conti fatti, poco importa perchè sentendo i commenti del “dream team” nostrano, Osaka è senz'altro un'esperienza da rifare. Non solo per provare in anteprima le calzature «customizzate» ad hoc da Mizuno, ma soprattutto per continuare ad esplorare un ambiente e una cultura profondamente diversi, a partire dall'uso della toilette.



Dove, in Italia o in qualsiasi altro posto del mondo, quand'è il tuo turno per entrare nel bagno chimico trovi un tizio gentile che ti sorride facendo l'inchino? Strano ma vero, eppure è quello che è successo ad Aldo, Giovanni e Nico durante la gara, grazie anche alla straordinaria organizzazione e partecipazione di oltre 10.000 volontari sparsi lungo tutto il percorso. Unico neo: se la mettiamo sul piano del fascino e della bellezza urbana Osaka non è certo New York, né Parigi e nemmeno Boston, ma vuoi mettere quante risate?
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