«Le guerre sono sempre terribili», dice Paolo Matthiae che ha scoperto l’antichissima Ebla, dove ha scavato dal 1964 al 2010 (dopo, è diventato impossibile per la guerra civile); «ma in questo caso, se possibile, è ancora peggio: vi è un danneggiamento intenzionale di opere d’inestimabili valore e significato, soltanto per odio di religione, di cultura e fede. Un po’ come accadde a Bamiyan, in Afghanistan, dove, nel 2001, furono distrutte le due gigantesche sculture che immortalavano Buddha».
La Radio vaticana ha intervistato una monaca, suor Raghida, attualmente a Parigi; racconta che gli Jihadisti impongono l’abiura ai civili: «A Maalula, uno che si è rifiutato, è stato crocefisso; dicono: morirete come il vostro maestro. In un altro luogo, hanno giocato al pallone con le teste di quelli che avevano ucciso». C’è in rete una foto terribile, che si ignora a quale data esattamente risalga: una donna uccisa, con un crocifisso conficcato in bocca. E Matthiae aggiunge: «Questo, in un Paese dove, finora, la pluralità religiosa era stata sempre osservata. In più, i gravi danni ai monasteri».
LE RELIQUIE
Maalula è in una gola, non lontana dalla strada che lega la capitale ad Aleppo: una regione essenziale per interrompere i rifornimenti dei rivoltosi, e che i governativi, poco a poco, stanno riconquistando. La città, abitata prima della guerra da cinquemila abitanti, è famosa per due monasteri: Mar Sarkis e Mar Takla, votati a San Sergio e Santa Tecla, di cui la cripta conserva anche le reliquie. Mar Sarkis, di fine V secolo, è dedicato a Sergio e Bacco, militari romani martirizzati per la loro fede da Galerio; è subito sotto l’albergo Al Safir, dove i rivoltosi avevano posto il loro quartiere generale, ormai interamente distrutto dai tanti combattimenti e bombardamenti.
L’ALTARE ROTONDO
«Il pavimento del monastero è stato trovato cosparso di oggetti religiosi; le immagini e le reliquie hanno subito gravi danni; sono sparite le icone che erano in sacrestia, con la campana e con la croce già sulla sommità, almeno secondo le notizie diffuse finora», racconta ancora l’archeologo. Il luogo era amministrato da una comunità greo-melchita, e Maalula, in aramaico, significa “l’entrata”: quella alla gola tra i monti in cui il villaggio si trova. Il santuario possiede ancora un altare rotondo, che fu “riformato”, e vietato, dal Concilio di Nicea, del 325: significa che è ancora precedente ad esso.
L’ACQUA MIRACOLOSA
Greca-ortodossa è invece Santa Tecla. E, al contrario del precedente monastero, non si trova su un’altura, ma in una gola, quasi come inserita in una grotta: assai suggestivo. Qui si venera anche un’acqua “miracolosa”, che gocciola dal soffitto: avrebbe dissetato la santa, permettendole di vivere. Tecla era una vergine di Iconio, discepola di San Paolo, salva per due volte dalla morte violenta (prima dal rogo, poi perché data in pasto alle belve); era detta la protomartire delle donne, e a lei, figlia di un principe seleucida, era dedicata la chiesa su cui è poi sorto il Duomo di Milano.
A Maalula, la cripta ne conserva le reliquie, che non si sa nemmeno se ci siano ancora. Anche per la lingua che si parla nel piccolo centro rupestre, Maalula è sempre stata considerata come il simbolo della presenza cristiana nella regione. «Per questo, e non solo a causa dei combattimenti, qui si sono scatenati infiniti vandalismi», conclude Matthiae.
L’APPELLO
Mesi fa, con Francesco Rutelli, l’archeologo aveva lanciato un forte appello e un’iniziativa internazionale proprio a difesa delle antichità siriane in pericolo.
E il mondo sembra quasi insensibile a tante devastazioni in un Paese, che è «un bacino archeologico tra i più importanti al mondo» (Matthiae), da cui «proviene il modello delle città che oggi noi abitiamo», spiega Michel Gras, già direttore dell’Écôle Française: un’autentica culla della civiltà, proprio come la devastata Maalula costituisce incredibile testimonianza della sua millenaria evoluzione.
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