Iraq, in prima linea con i soldati del Kurdistan addestrati dagli italiani

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di Nicola Pinna, nostro inviato in Iraq

Hanno un compito che vale per l’Iraq ma che produce effetti anche lontano da qui: fermare la rinascita dell’Isis, in quel Kurdistan in cui lo Stato islamico era nato, aveva proclamato una capitale e dove poi è stato anche sconfitto. Quella dei peshmerga è un’armata poco moderna, quasi per nulla tecnologica, priva persino di mezzi corazzati. Soldati pagati bene ma non troppo, che però non hanno elicotteri e meno che meno aerei da combattimento. L’intelligence si regge sull’aiuto degli americani che insieme ad altri 12 stati portano avanti da 10 anni la missione Inherent Resolve. L’Italia c’è, anzi è in prima linea. È il secondo stato contributore e con l’operazione “Prima Parthica” cerca di trasformare le reclute curde in soldati professionisti. Capaci, ma chissà tra quanto tempo, di fronteggiare in autonomia il rischio di un ritorno delle bandiere nere. 

A Erbil la nostra Difesa schiera circa 300 uomini e qui l’incarico è preciso: trasformare militari disorganizzati e poco esperti in professionisti della sicurezza. Al momento le truppe curde contano circa 80 mila unità e l’obiettivo del governo locale è quello di raddoppiare il numero nel giro di pochi anni. Il ritmo degli addestramenti, che per la maggior parte si basano sul supporto italiano, è rapido. E bastano i numeri. I militari dell’Esercito, nei primi quattro mesi dell’anno, hanno già formato 424 uomini e in tutto il 2023 si è arrivati a 1.970. Nel quadro dell’operazione “Prima Parthica” operano anche i Carabinieri che a Baghdad addestrano le forze di polizia. E anche in questo caso il lavoro dà buoni risultati: nel 2023 sono stati formati 3.018 agenti iracheni, mentre dall’inizio dell’anno si è raggiunta quota 989. Tempo da perdere non ce n’è e le tensioni che sconquassano il Medio Oriente hanno reso tutto più urgente: «Lo Stato islamico sì è stato sconfitto nel 2017, ma tuttora ci sono sacche di resistenza nel territorio iracheno - ripete il comandante della missione italiana, Francesco Antonio Serafini - È quindi fondamentale l’attività addestrativa dei soldati peshmerga, che così possono accrescere le capacità operative allo scopo di essere pronti per evitare un possibile ritorno di Daesh».

Nella base di Benaslava, 12 chilometri a nord-est di Erbil, i peshmerga familiarizzano con le armi e i migliori diventeranno tiratori scelti. Usano mitragliatrici diverse da quelle dei militari italiani ma a fare la differenze sono le tecniche. Si prova e si riprova, in un poligono sterrato in cui ogni tanto appaiono anche le bisce. A ovest della città curda, nella zona di Atrush, si fanno altre attività e si formano altre figure di cui l’esercito locale ha bisogno vitale: i counter ied, capaci di scovare mine e ordigni esplosivi improvvisati, esperti nel controllo della folla e tecnici in grado di operare negli ambienti montani. Perché proprio nelle montagne si sono combattute le battaglie contro i terroristi di Daesh.