Bonus Covid, pratiche sbagliate: contabile condannato a nove mesi

Bonus Covid, pratiche sbagliate: contabile condannato a nove mesi
di Teodora Poeta
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Mercoledì 8 Maggio 2024, 08:20

Si sono visti bloccare dall’Agenzia delle entrate la domanda per il bonus di 600 euro previsto all’epoca dal decreto Cura Italia come indennità di sostegno al reddito destinata ai lavoratori colpiti dall’emergenza Covid-19 perché, com’è poi emerso, il loro consulente contabile avrebbe presentato «documentazioni artefatte».
«Ovvero – come si legge nel capo d’imputazione – dichiarazioni dei redditi delle tre clienti (propedeutiche all’ottenimento del bonus) con riferimenti agli anni d’imposta 2017 e 2018, riportanti ricevute di trasmissioni effettuate rispettivamente con date falsificate del 20.10.2018 e 20.11.2019 quando, invece, non erano mai state trasmesse/presentate o meglio, erano state depositate in maniera tardiva ovvero solo in data 19.07.2020 allorquando richieste dall’ente accertatore».
Una vicenda per la quale, ieri, è stato condannato a nove mesi di reclusione, pena sospesa, S.B., consulente contabile 61enne teramano, nei cui confronti è stato riqualificato il reato in falsità materiale commessa da privato. L’uomo doveva rispondere anche di esercizio abusivo della professione poiché, secondo l’accusa, pur non essendo più iscritto all’albo professionale dei ragionieri commercialisti all’epoca dei fatti contestati, che risalgono al 2020, in quanto aveva di sua sponte chiesto ed ottenuto la cancellazione, «continuava ad esercitare le funzioni di perito commerciale, tenutario contabile», fornendo sevizi di carattere economico finanziario.

A difenderlo l’avvocata Barbara Castiglione che in fase di arringa ha tenuto a precisare che il 61enne «tuttora è un revisore, abilitato a tenere la contabilità. È stato lui stesso in fase di dibattimento a dire di aver sbagliato le pratiche perché erano le prime che faceva ed era sotto stress. In quel periodo c’era un accavallarsi di norme per i sussidi Covid. Lui non aveva capito nulla della pratica. Era completamente nella nebbia. Tuttavia le tre donne avevano comunque diritto al bonus, tant’è che l’hanno poi ottenuto perché da parte sua non c’è stato alcun dolo». A far scattare l’inchiesta è stato un controllo dell’Agenzia delle entrate che ha subito messo in stand by le pratiche inviate dal consulente con i successivi approfondimenti. Ma ieri, in udienza, è stato il pm Ugo Marini a chiedere alla giudice Belinda Pignotti la riqualificazione dell’iniziale reato contestato, ossia la falsità ideologia in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità, in falsità materiale commessa da privato.

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