È una triangolazione singolare quella che accomuna Capri, Bruxelles e Teheran. A unirle un menu quasi identico: evitare l'escalation in Medio Oriente e, soprattutto, sanzionare l'Iran.
Tanto al tavolo organizzato da Antonio Tajani con i ministri degli Esteri del G7, quanto a quello che è programmato come l'ultimo Consiglio europeo prima delle elezioni di giugno, la portata principale è infatti la tensione mediorientale scatenata dalla rappresaglia missilistica iraniana contro Israele. Una compattezza del fronte occidentale che in realtà ha confini ancora più ampi perché, poche ore prima dei due vertici, sono gli Stati Uniti a fare la prima mossa contro l'Iran imponendo sanzioni per chi è coinvolto nella fabbricazione e nella vendita di missili e droni , lasciando poi che a convergere su un'intesa politica di questo tipo fossero anche gli alleati, a Capri come a Bruxelles. «L'Ue è pronta ad adottare ulteriori misure restrittive contro l'Iran, in particolare in relazione ai veicoli aerei senza pilota (UAV) e ai missili» si legge nella bozza di dichiarazione finale del Consiglio. «Le sanzioni sono un segnale politico a Teheran» dice invece Tajani, mettendo nel mirino anche la de-escalation nella regione. Obiettivo che il G7 straordinario meloniano di domenica ha già messo nero su bianco, proprio come nelle conclusioni redatte a Bruxelles (con i fedelissimi della premier che rivendicano la «vittoria italiana nel tenerli allineati»).
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L'UCRAINA
Una riunione, quella brussellese, che in realtà è abbastanza sui generis .
L'INTESA ANTI FAKE-NEWS
Tra questi l'alleanza sottoscritta contro le fake news e le interferenze elettorali. Un patto che punta a contrastare la «disinformazione e la manipolazione informativa straniera», ea rafforzare la collaborazione bilaterale per mettere in campo «aree d'azione» da cui sviluppare «risposte coordinate alla manipolazione di informazioni straniere, specie provenienti da attori statuali». Il fenomeno del resto, preoccupa e non poco. Non solo in virtù delle europee di giugno ma anche del voto americano di novembre. Il tema è particolarmente caldo negli Stati Uniti, con la memoria che corre veloce al 2016 e al Russiagate, lo scandalo sulla campagna social di ingerenze da parte della Russia nella campagna elettorale per le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d'America vinte da Donald Trump.
LIBANO E TURCHIA
Tornando a Bruxelles, l'Italia si è presentata dei Ventisette anche con altri due obiettivi dichiarati. Nel giorno in cui Meloni è volata in Tunisia da Kaïs Saïed per evitare che riprendano le partenze di migranti irregolari dal Nordafrica, la premier strappa ai leader anche un nuovo impegno a sostenere gli sforzi del Libano nella gestione della crisi dei rifugiati che il Paese dei cedri fronteggia ormai da anni e che con il conflitto in corso rischia di tornare a essere incontrollabile. Un tema carissimo alla premier, specie a poco più di un mese e mezzo dal voto. E infatti, sempre nell'ottica di stabilizzare il fronte più orientale del Mediterraneo, Meloni assieme alla Germania si è fatta portavoce anche dell'obiettivo di rilanciare l'integrazione economica con la Turchia, da qualche mese impegnata nel tentativo di abbassare la tensione con Grecia e Cipro.