PERUGIA - Patrizia poteva scappare e invece ha stretto Samuele al collo, uccidendolo. Ne è convinto il procuratore generale Sergio Sottani che ha annunciato di aver impugnato la sentenza di assoluzione di Hudson Pinheiro Reis Duarte, accusata dell’omicidio preterintenzionale di Samuele De Paoli, il 24enne trovato morto il 27 aprile 2021 in un fosso lungo la strada a Sant'Andrea delle Fratte.
Hudson Pinheiro Reis Duarte, 45enne brasiliana nota come Patrizia, è stata assolta dal giudice Piercarlo Frabotta alla fine di un processo con rito abbreviato lo scorso settembre perché «il fatto non costituisce reato», basandosi in larga parte sugli esiti della perizia medico legale effettuata dai professori Vittorio Fineschi e Aniello Maiese. Che hanno sostenuto, in pratica, la tesi della legittima difesa, con la stretta al collo di Patrizia alla fine di una lite violenta con Samuele aggravata negli effetti da una «intossicazione acuta da cocaina e dallo stress emozionale parimenti autoindotto dal De Paoli il quale, pacificamente, diede il via alla colluttazione».
Ma Sottani – che avocò anche le indagini sul caso, dopo la richiesta di archiviazione del procuratore Raffaele Cantone – non ci sta: in 20 pagine di impugnazione evidenzia, come spiega in una nota, «le contraddizioni emerse durante l'interrogatorio dell'imputata» e confuta «le conclusioni della perizia e le determinazioni del giudice di primo grado». Opposta, rispetto alla sentenza, anche la ricostruzione dei fatti.
Da qui, la richiesta di riforma della sentenza, a cui è possibile segua anche l'appello della famiglia di Samuele. E che arriva «senza alcuna sorpresa» dell'avvocato Francesco Gatti che difende Hudson Pinheiro Reis Duarte: «Riservandoci di esaminare l’atto, e le sue motivazioni, una volta che questo ci verrà notificato - commenta -, ribadiamo nuovamente che ben 6 tra consulenti e periti hanno concordato sull’azione difensiva di Patrizia e sulla insussistenza del reato contestato, cosa che ha fatto il giudice Frabotta con motivazione convincente. Affronteremo con serenità anche l’appello, certi dell’innocenza dell’imputata».