Viaggio sull’acqua nella bianca Carelia

Monastero Solovetsky (foto di Carla Milone)
di Sabrina Quartieri
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Mercoledì 24 Febbraio 2016, 16:02 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 20:11

Nel viaggio “verticale” lungo le frontiere europee orientali compiuto da Paolo Rumiz e narrato nel libro “Trans Europa Express”, l’autore descrive paesaggi pieni di fascino ancora ignoti o quasi dimenticati; regioni remote di placida bellezza che sono segnate dall’immancabile elemento dell’acqua e che, nei nomi, ricordano terre fiabesche: su tutte, la bianca Carelia, fitta di boschi e ricca di grandi bacini idrici, come i laghi Ladoga e Onega. Un angolo della fredda Russia che corre lungo il confine con la Finlandia e che alterna sconfinate distese di pioppi tremuli, dalle eleganti sfumature argentee, a tipici villaggi, pregni di splendidi esempi di architettura lignea. Come la chiesa della Trasfigurazione di Kizhi, il miracolo in legno custodito su un isolotto dell’Onega, che sfida da oltre tre secoli il vento gelido che lo avvolge.


Un freddo, in inverno, molto più spietato di quanto ci si aspetti, che al tempo stesso però è costantemente bilanciato dal calore (umano) degli incontri insoliti che capitano di continuo nelle località sperdute della Carelia. O in quelle più rinomate, per essere state le culle di un'altissima spiritualità nel Medioevo e di una muta sofferenza negli anni più recenti. Basti pensare alle Isole Solovetsky, l’arcipelago del Mar Bianco che negli anni '20 del XX secolo fu scelto per dare vita ad un terribile campo di lavori forzati. Denominato Slon (Solovetsky Lager Osobogo Naznachenija ovvero lager a destinazione speciale), quello sulle "isole delle lacrime" fu il primo di una terribile rete di gulag che avrebbe in seguito mortificato la storia della Russia.


IL TOUR GIORNO PER GIORNO

Pe raggiungere la fredda Carelia, si parte dall’Italia con il volo per San Pietroburgo, via Francoforte. Poi, la mattina successiva si prende il treno e si arriva a Petrozavodsk, la capitale della regione. Una città fondata da Pietro il Grande, un tempo celebre perché ricca di fonderie per la costruzione di cannoni e armamenti, ma tristemente nota anche come terra d’esilio dei sovversivi del regime di San Pietroburgo. Dopo un giro tra le vie di Petrozavodsk, si sale a bordo di un aliscafo alla volta dell’isola di Kizhi, il gioiello del lago Onega.  Arrivati a meta, ci si ritrova immersi tra le bellezze delle chiese in legno risalenti al XVIII secolo, con maestose cupole, torri dell’orologio e cappelle, capaci di regalare una singolare immagine dello stile architettonico dell’epoca. Il complesso, dichiarato Patrimonio dell’Umanità Unesco, appare come un vero e proprio museo a cielo aperto, dove non mancano qua e là pittoreschi mulini a vento.

La chiesa della Trasfigurazione resta però l’edificio più importante dell’isola: eretta nel 1714 per celebrare la fine della guerra con la Svezia, la struttura presenta ben 22 cupole incastrate perfettamente l’una all’altra, e senza che sia stato utilizzato nemmeno un chiodo. Subito accanto, sorge un altro luogo sacro agli ortodossi: la chiesa dell’Intercessione, con le sue 9 cupole che circondano un campanile. Oltre al “pogost” (complesso di chiese) del Nostro Salvatore, Kizhi è abbellita da casette in legno dai tetti spioventi, forti e resistenti grazie all'uso di pino e abete. L’esterno delle abitazioni mostra ancora delle originali decorazioni geometriche. Nel pomeriggio si rientra a Petrozavodsk, dove si trascorre la notte.

Il mattino seguente si parte per Sortavala e con l’aliscafo si raggiunge Valaam, l’isola dell’arcipelago omonimo sul lago Ladoga. Un luogo di grande spiritualità, grazie alla presenza di un antico monastero del X secolo. Dalla sua fondazione in poi, attribuita ai santi Sergio e Germano, questo gioiello sospeso sull’acqua è il centro spirituale della Russia ortodossa. La sua storia lo vuole più volte distrutto, incendiato e ricostruito; infine, chiuso durante il regime sovietico, con i monaci che si trasferirono in Finlandia, portando via gli antichi archivi e le preziose icone. Oggi il monastero è tornato a vivere e ad essere una fortunata oasi di eremi dove pregano e operano piccole comunità di monaci laboriosi. Con loro, una volta sull'isola, sarà possibile interagire, grazie alla visita alla cattedrale della Trasfigurazione e ad alcuni eremi, e al pranzo al refettorio comune. Un'esperienza unica, impreziosita anche dall'opportunità di assistere ai canti liturgici.

Si rientra a Petrozavodsk a tarda sera, dopo aver fatto tappa al caratteristico museo dell’intaglio del legno di Sortavala. Per raggiungere le rive del Mar Bianco, il giorno successivo si viaggerà in treno verso Belomorsk, situata sulle rive della Baia dell’Onega. Poi la mattina seguente, dopo quattro ore di navigazione in battello, si approderà sulla maggiore delle sei isole Solovetsky. Un arcipelago, oggi Patrimonio dell’Umanità Unesco, che si è formato 12mila anni fa dalle cime delle montagne emerse dopo lo scioglimento dei ghiacciai. Per via di un’antica leggenda, che ha conferito grande fascino alle isole, questo angolo di mondo è sempre stato considerato terra di confine con l’aldilà, e quindi molto visitato: la gente credeva che da qui si potessero invocare le forze soprannaturali. Sull'arcipelago la natura è selvaggia ed un silenzio quasi irreale pervade le sue foreste ed i suoi lunghi corsi d’acqua.

Capolavoro architettonico dell’isola che si raggiungerà in battello, sono le mura difensive del monastero del XVI secolo, larghe ben sei metri alla base e lunghe più di un chilometro. Una struttura che rese il sito religioso un gioiello inaccessibile, fin quando non fu trasformato in una spietata prigione. Significativi, e tutti da vedere, sono anche la chiesa dell’Annunciazione che si affaccia sulla piazza, il refettorio, una galleria del complesso centrale, la cattedrale della Trasfigurazione del Salvatore e la torre di Arkhangelsk. Gli ultimi giorni di viaggio si trascorrono alle Solovetsky, le "isole delle lacrime", per non dimenticare: l’arcipelago è infatti conosciuto come terra dei gulag. Ecco che infatti non poteva mancare la tappa alla collina di Sekirnaya, sulla cui sommità domina la chiesa dell’Ascensione, tristemente nota per le testimonianze raccolte dallo scrittore russo Aleksandr Isaevič Solženicyn in “Arcipelago Gulag”.

Ostile al regime sovietico, nei tre volumi pubblicati, il grande narratore descrive le atrocità dei campi di lavoro sovietici, dov’egli stesso trascorse gran parte della sua vita. Dalle atrocità dei gulag al misticismo più potente, il giorno successivo si sale in barca per l’ultima escursione della vacanza: destinazione, l’isola di Zayatsky, particolare per i suoi misteriosi labirinti di pietra e per la chiesa in legno dei primi anni del ‘700. E’ arrivato il momento di rientrare a Solovetsky per un po’ di tempo libero a disposizione (prima di volare a Arkhangelsk e poi a Mosca fino in Italia), e per raccogliere le forti sensazioni di un viaggio appassionante, da ripensare magari a passeggio, lungo la riva del mare, al chiaro di luna. Informazioni: la durata del tour è di 9 giorni; le partenze sono libere, e sono previste da maggio ad agosto; due è il numero minimo di partecipanti richiesto; le guide locali parlano italiano; la quota individuale parte da 2.750 euro. Il tour è organizzato da Il Tucano Viaggi Ricerca (piazza Solferino 14/G, 10121 Torino. Tel. 011 561 70 61; info@tucanoviaggi.com; www.tucanoviaggi.com).

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