Bob Marley e la Giamaica

Bob Marley e la Giamaica
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Lunedì 1 Dicembre 2014, 06:07
TENDENZE
L'arte di percorrere il mondo evitando le fatiche del viaggio ha duemila anni alle spalle. Il primo a praticarla fu l'imperatore Adriano, che a partire dal 118 dopo Cristo, nei pressi della Via Tiburtina, si fece costruire una villa con edifici ispirati all'Egitto e alla Grecia.
Nel Medioevo, ricchi pellegrini di ritorno dalla Terrasanta donarono a città di tutta Europa delle chiese simili alla Basilica del Santo Sepolcro, a uso e consumo di chi era troppo povero o troppo pigro per partire verso Gerusalemme.
Nel 1851 il disegnatore inglese Albert Smith salì sul Monte Bianco, tornò a casa con un album di disegni, e si arricchì proiettandoli per il pubblico pagante alla Egyptian Hall di Piccadilly Circus. Oggi, nell'era di Discovery Channel e di Geo&Geo, è fin troppo facile sedersi in poltrona, impugnare il telecomando e partire per gli angoli più remoti della Terra. Ma “Viaggiare in poltrona” (EDT-Lonely Planet, 22,00 euro), pubblicata dall'editore che vanta il più ricco catalogo al mondo di guide “vere”, propone un gioco più raffinato.
SUGGESTIONI
«Che cosa ci spinge a viaggiare, a partire da casa se non i racconti e le immagini dei luoghi che vorremmo scoprire di persona? Cineasti, romanzieri, cantanti hanno il dono di abbattere le frontiere e di aprire nuove strade, mescolando esperienze vissute a esplorazioni sognate» spiegano Didier Férat, Nicolas Guérin e i loro coautori nell'introduzione.
In qualche caso, il cinema ha messo in moto milioni di persone. Il bagno di Anita Ekberg nella Fontana di Trevi (“La Dolce vita”, 1960) e le scorribande in Vespa di Gregory Peck e Audrey Hepburn in “Vacanze romane” (1953) sono stati degli inviti a scoprire Roma.
La cavalcata in moto di Dennis Hopper nei deserti del Suds-ovest degli USA (“Easy Rider”, 1969) ha spinto molti verso la Route 66. Il volo di Meryl Streep e Robert Redford su fenicotteri e giraffe in “La mia Africa” (1985) è stata uno spot per il Kenya, i suoi animali e i suoi parchi.
Altri viaggi in poltrona conducono verso singoli monumenti, o verso strade o piazze di città spesso non troppo lontane da noi. Il castello di Versailles, magnifica reggia alle porte di Parigi, ha visto aumentare i suoi visitatori dopo l'uscita (2006) di “Marie Antoinette” di Sofia Coppola.
E che dire di Penny Lane che, da anonima via di Liverpool, è diventata una meta famosa grazie alla omonima canzone dei Beatles (1967)? Lo stesso è accaduto al quartiere londinese di Notting Hill dopo il successo dell'omonimo film con Julia Roberts e Hugh Grant (1999).
Agenzie specializzate organizzano da anni dei tour sulle tracce cittadine e letterarie di Fernando Pessoa a Lisbona, di Stieg Larsson a Stoccolma, di Pedro Almodóvar a Madrid e del commissario Montalbano in Sicilia. E fa lo stesso chi si appassiona alla musica va in cerca di Mozart a Salisburgo, di Bob Marley in Giamaica, di Bruce Springsteen nel New Jersey e di Fabrizio De André a Genova.
I LUOGHI
In qualche caso, per la rabbia degli operatori turistici locali, i luoghi in cui sono girati i film non compaiono con il loro nome sullo schermo, ma servono da “controfigure” a terre lontane. Le Dolomiti di Cortina dove Sylvester Stallone si esibisce in “Cliffhanger” (1993) vengono presentate come le Montagne Rocciose. Le avventure di Michelle Pfeiffer e Rutger Hauer in “Ladyhawke” (1985) sono state girate in Abruzzo, ma il film è ambientato in Provenza.
In almeno tre casi, suggeriscono gli autori, il cinema e i libri permettono di visitare dei luoghi vietati. “Il cacciatore di aquiloni” (il libro è del 2003, il film del 2009) conduce tra i paesaggi, la gente e le città dell'Afghanistan, difficilmente raggiungibile in viaggi “da turisti normali”. La graphic novel “Pyongyang” del canadese Guy Delisle (2013) consente di entrare nella capitale della Corea del Nord, anche questa difficilmente raggiungibile. E ancora. I paesaggi oggi proibiti dello Yemen sono stati filmati nel lontano 1974 da Pier Paolo Pasolini ne “Il fiore delle Mille e una Notte”.Per viaggiare verso il fondo degli oceani, remoti come un pianeta lontano, non c'è niente di meglio che vedere “The Abyss” di James Cameron (1989) o “Il Mondo del Silenzio”, un documentario (1955) di Lous Malle e Jacques-Yves Cousteau.
Questioni di budget, lo sappiamo, tengono fuori la maggioranza dei mortali dagli hotel a cinque stelle. Ma il cinema può aiutare anche in questo. Se “L'uomo che sapeva troppo” di Alfred Hitchcock (1955) è ambientato nell'Hotel de la Mamounia di Marrakech, il celeberrimo “Codice da Vinci” (il libro è del 2003, il film del 2006) permette di entrare nelle stanze e nelle suite del Ritz di Parigi. E non c'è nemmeno bisogno di lasciare una mancia al facchino.
Stefano Ardito
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