Viktor Smagin, 75 anni, era uno degli ultimi eroi viventi di Chernobyl. Tra gli ingegneri dell'impianto nucleare sovietico, quel drammatico 26 aprile del 1986 è stato tra i primi ad accorrere alla centrale dopo l'esplosione. Trasformandosi in uno dei primi liquidatori, coloro che si occuparono di risolvere le conseguenze del disastro, e uno dei più preziosi testimoni della vicenda. Per quasi 40 anni, Smagin ha dovuto convivere con le conseguenze di quella scelta sulla sua salute, riuscendo a sopravvivere nonostante tutto.
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'Hero #Chernboyl engineer who was one of the first on the scene at the 1986 #nuclear reactor meltdown has tragically taken his own life. Viktor Smagin, 75, died at his home in Moscow, unable to bear the effects of radiation poisoning any longer.'https://t.co/SR2n7GuGhw
— Dr Paul Dorfman (@dorfman_p) October 26, 2023
Viktor Smagin, la decisione finale
Ma all'ennesima diagnosi di tumore, il 23 ottobre scorso ha deciso di farla finita: si è gettato dalla finestra del palazzo dove abitava a Mosca.
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Viktor Smagin, cosa accadde a Pripyat
Il giorno dopo l'esplosione, la popolazione di Pripyat fu evacuata «ma la stazione non poteva essere lasciata incustodita. Pertanto il personale visse nella città ancora per qualche giorno». Dopo l'incidente «quasi nessuno si è arreso, anche se è stato spaventoso», ha voluto sottolineare: «Su 5.000, un massimo di sei o sette persone sono fuggite. E questo nonostante tutti fossero professionisti e sapessero perfettamente cosa fossero le radiazioni». Nei suoi racconti anche il dispiacere per aver visto «il personale incolpato di tutto». Per il suo impegno a bonificare il disastro, Smagin ha ricevuto un'onorificenza. Ma è stata una magra consolazione: «Questo incidente, ovviamente, ha rovinato il destino di tutti», ha scritto ancora nelle sue memorie.
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Viktor Smagin, le ultime ore
«Ho sofferto di malattie da radiazioni, ho ricevuto uno stigma per tutta la vita». La sua vita è andata avanti, con un lavoro d'ufficio in un ministero russo. Tre giorni fa, il gesto estremo. La sera prima aveva detto alla moglie di aver avvertito la presenza di altri tumori su di lui. Ma non ha voluto aspettare l'ennesima diagnosi, ha deciso di non voler morire in ospedale. In una nota straziante lasciata alla sua famiglia ha scritto che non poteva più sopportare le cure di cui aveva bisogno. «Miei cari: Larisa, Dima e Sveta! Ora è il momento di salutarci. Grazie mille per gli anni che abbiamo vissuto insieme. È stata felicità. Mi dispiace!».