Il Papa benedice la borraccia del soldato ucraino, poi telegramma a Pechino (che risponde)

Papa Francesco sull'aereo diretto in Mongolia con la giornalista spagnola Eva Fernandez
di Franca Giansoldati
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Sabato 2 Settembre 2023, 05:29 - Ultimo aggiornamento: 3 Settembre, 14:17

ULAN BATOR Sorvolando le steppe sconfinate, tra la Russia e la Cina, Francesco ha tenuto tra le mani la borraccia di un soldato ucraino forata dai colpi dei russi e l'ha benedetta mentre stava andando in Mongolia per l'inizio di un simbolico viaggio nel cuore dell'Asia che terminerà lunedì mattina. Bergoglio è rimasto in silenzio davanti a quell'oggetto deformato dalla violenza dei proiettili e ha ascoltato la storia che una giornalista spagnola, Eva Fernandez gli ha narrato. Apparteneva a un militare di Kiev sopravvissuto miracolosamente ad una esplosione. Ora quella specie di reliquia è destinata a tornare in patria, in una chiesa di Leopoli, come dono emblematico.

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DIPLOMAZIA

«Santità mi dica: quanto è difficile per lei fare diplomazia in questo contesto, in un tempo di guerra?».

La domanda della cronista si è presentata piuttosto scivolosa anche perché ultimamente proprio una frase del pontefice sulla storia della Russia ha scatenato l'ennesimo putiferio dando origine ad una ondata di proteste che non accenna a sopirsi, tanto che persino il nunzio in Lituania è stato da poco convocato dal governo di Vilnius per avere spiegazioni sull'effettivo significato degli esempi storici evocati dal Papa: Caterina II e Pietro il Grande, all'origine delle radici imperialiste della politica putiniana. Il Vaticano per smorzare l'incendio - come già aveva fatto altre volte in passato davanti ad affermazioni papali ritenute filorusse (per esempio la preghiera per la morte della Dugina) - è dovuto intervenire in fretta. «Ah non ti immagini quanto sia difficile. Ma a volte bisogna avere il senso dell'umorismo». Ultimamente i dispiaceri che rattristano Papa Francesco in ambito diplomatico non si fermano alla sola questione russo-ucraina, per la quale sta davvero facendo ogni sforzo possibile per tentare di aiutare ad annodare fili lacerati e creare quel clima che potrebbe in futuro permettere ai belligeranti di riprendere a parlarsi o a fidarsi tra loro. C'è in piedi la missione umanitaria del cardinale Matteo Zuppi concentrata principalmente sulla sorte dei 20 mila bambini ucraini deportati in Russia e l'accordo sul grano. Zuppi è in attesa di partire per Pechino, avrebbe dovuto essere in Cina - dopo le tappe a Mosca, a Kiev e negli Usa dove ha avuto a luglio un lunghissimo colloquio con Biden - ma i tempi si sono allungati e il cammino si è rallentato, complice anche il quadro interno della Cina più problematico per via delle tensioni su Taiwan e la decelerazione dell'economia. Proprio ieri mentre l'aereo papale sorvolava la Cina diretto a Ulan Bator Francesco ha mandato un telegramma a Xi per ringraziarlo per il permesso di attraversare lo spazio aereo nazionale. Una prassi dei viaggi apostolici alla quale i cinesi hanno risposto di essere pronti a «continuare a lavorare col Vaticano per un dialogo costruttivo, migliorare la comprensione e rafforzare la fiducia reciproca». Bellissime parole ma non una è stata spesa per l'ennesimo sgarbo cinese sul quale è stato steso un velo. In Mongolia erano attesi i vescovi cinesi per incontrare il Papa, ma Pechino ha vietato a tutti di espatriare.

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AMERICA LATINA

Un altro motivo di inquietudine per Francesco è la crisi diplomatica - gravissima - in Nicaragua dove il presidente Ortega ha avviato una politica di persecuzione contro la Chiesa, sopprimendo interi ordini religiosi (tra cui i gesuiti), vietando processioni, espellendo preti e incarcerando vescovi. Uno scompenso mai visto prima. Francesco sentendosi impotente aveva chiesto al suo amico Lula, il presidente del Brasile quando era venuto in Vaticano in udienza, di intercedere con il presidente sandinista. Finora però con ben pochi esiti.

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