C’è un conoscente che ha parlato con Romolo Algeni, probabilmente poco prima della morte. Ed è un suo vecchio amico, uno dei tanti sui quali poteva contare a Giulianova. Si tratta dell’imprenditore Peppino Marozzi, il quale, non sentendo il saluto mattutino di “Pepito”,così tutti lo conoscevano, in radio da una settimana, ha deciso di chiamarlo. «Gli ho telefonato verso le cinque e mezza di pomeriggio di lunedì - racconta Marozzi - quando negli Usa sono circa le undici e Pepito mi ha riposto. Gli ho chiesto come stesse e lui mi ha rassicurato “Tutto bene, Peppino, tutto ok”. Giulianova perde un amico e una persona fantastica. Ciao Romolo».
Romolo Algeni morto a New York per un malore: "Pepito" era un manager della ristorazione abruzzese
L’INTERVENTO DELLA POLIZIA
Lunedì mattina Pepito Algeni, 66 anni, giuliese emigrato a New York, non è andato al ristorante dove lavorava, il Paola’s di Medison Avenu, come sommelier e manager della ristorazione. Il giorno dopo un suo collega ha telefonato a casa e non avendo avuto riposta, ha deciso di avvertire la polizia, la quale è andata all’abitazione, che dista poco distate dal ristorante. Gli agenti hanno suonato il campanello della casa dove Pepito viveva da solo. Non hanno avuto riposto ed allora gli agenti hanno deciso di sfondare la porta e lo hanno trovato in bagno, disteso a terra, ormai morto. Non hanno trovato segni di violenza sul corpo, per cui, d’accordo con il magistrato, hanno stabilito che si trattasse di una morte naturale: il corpo è stato trasportato in obitorio e sistemato in un cella frigorifera, come si fa quando non viene esposta la salma per il funerale.
Scrive da New York, Dom Serafini: «Sono riuscito a parlare con uno dei manager del ristorante Paola’s.
GLI AMICI
Ed allora ecco spuntare un altro amico di Pepito. Si tratta di Pierluigi Braca, giuliese anche lui, chef in un ristorante della costa teramana, che dice: «Siamo stati grandi amici fino a 18 anni io e Romolo, poi lui è partito per il mondo: era quello che voleva fare. Tornare a Giulianova gli sarebbe stato impossibile, era troppo piccola per lui. Ora che è morto abbiamo parlato con i familiari che ha qui in città. Ci sono problemi per un eventuale rimpatrio della salma e allora io con degli amici vorremmo reperire la somma per poterlo fare. Ma anche in questo caso, anche per una colletta, sono tanti soldi da mettere insieme. Abbiamo parlato con l’amico che gli era più vicino a New York, Bruno D’Ascanio, che ora si metterà in contatto con l’Ambascita italiana. Ci vuole qualcuno che riconosca la salma, ma non c’è un parente né qualcuno che sia delegato. Solo dopo questa operazione, si potrà vedere come fare in modo di riportarlo in Italia. Forse con la cremazione, ma deve essere autorizzata e ci sono anche in questo caso incombenze burocratiche».