Che il colpo nella villa dell’imprenditore Stefano Proietti, 59 anni, l’avessero studiato, magari grazie a un “basista”, si deduce dalla via di accesso che la banda di sei - forse sette uomini - ha scelto per introdursi nella vasta proprietà dell’Aurelio. A distanza di pochi giorni dalla rapina che si è consumata lunedì sera, intorno alle 20.30, le indagini della Squadra Mobile producono i primi risultati. È stato accertato, infatti, il modo con cui la banda si è introdotta nell’abitazione: entrando nel parco dalla ferrovia che confina con la proprietà. Qui, non distante dai binari e in corrispondenza di un muro che delimita il parco di Proietti, sono stati rinvenuti dei cavi di quell’impianto di registrazione che era stato trafugato dopo il colpo. I banditi fatta incetta di gioielli, orologi, denaro, avevano costretto l’imprenditore a portarli nella stanza del sistema di videosorveglianza essendo la villa dotata di ben 80 occhi elettronici e qui avevano staccato e portato via le immagini che riprendevano la rapina. La villa di Proietti tuttavia non confina con l’ingresso della stazione Aurelia, bisogna entrare e camminare per qualche chilometri lungo la ferrovia fino ad arrivare al punto da cui quella banda è riuscita a introdursi nel parco.
La ricostruzione
Andando per deduzione, i malviventi non solo avevano studiato la rapina ma potrebbero aver impiegato anche diversi giorni per scegliere a fondo il “passaggio” e studiarlo forse pure con strumenti elettronici.
Le immagini
La polizia sta acquisendo le immagini dei sistemi di videosorveglianza della stazione Aurelia proprio per cercare di analizzare i flussi delle persone che, nell’orario compatibile con la rapina, sono passate dall’ingresso principale. I malviventi, stando al racconto dell’imprenditore, di sua moglie Benedetta De Paola, avvocato di 50 anni, dei figli minori di 11 e 16 anni, e della coppia di domestici che da anni vive con loro, avevano tutti lo stesso abbigliamento. Vestiti neri, passamontagna a coprire i volti lasciando scoperti solo gli occhi, guanti alle mani e ricetrasmittenti appese al collo per comunicare fra loro durante la rapina. Proprio l’uso dei guanti, farebbe escludere (anche se le analisi sono tuttora in corso) il lascito di tracce palmari che sarebbero invece state molto utili, laddove uno o più banditi fosse per caso stato già fotosegnalato.
Il bottino
Lunedì sera, una volta che i banditi sono riusciti ad entrare, hanno provato a forzare una delle portefinestre ma in quel momento avrebbero notato il domestico uscire di casa per andare a gettare l’immondizia e a quel punto lo avrebbero aggredito costringendolo a farli entrare in casa. Il resto è il racconto, preciso seppur macchiato dallo spavento dell’imprenditore. La famiglia è stata di fatto tenuta ostaggio e minacciata anche di morte per almeno cinquanta minuti. Tanto ci è voluto al gruppo per setacciare l’intera proprietà, trovare la camera blindata, farsi consegnare le chiavi, aprirla e ripulirla. A esser stati rubati oltre a denaro, borse, gioielli, anche diversi orologi Rolex, fra cui tre regalati dal Proietti ai suoi figli. Ognuno ha l’incisione delle iniziali sulla cassa ma non basta questo elemento a impedire la rivendita illecita. «Pur puntandoci contro le pistole - aveva detto la signora Proietti - non ci hanno fatto del male ma, credo solo perché non abbiamo opposto resistenza». Le indagini vanno avanti: al setaccio l’intero entourage della famiglia, a partire dagli operai di quella ditta incaricata di realizzare il campo da tennis.